Infezioni e sepsi, il resoconto del Masterclass di Palermo

L’iniziativa si è svolta presso il Policlinico e sotto l’effige della Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva. Direzione scientifica del prof. Antonello Giarratano.

da Insanitas.it

PALERMO. La sepsi è stata al centro del Masterclass che si è concluso presso il Policlinico di Palermo sotto l’effige della SIAARTI (Società Italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva).
Direzione scientifica del prof. Antonello Giarratano (a destra nella foto), promotore del PDTA Regione Sicilia sulla gestione del paziente con Sepsi, anche presidente designato della SIAARTI. I lavori sono stati aperti dal Rettore dell’Ateneo di Palermo, Fabrizio Micari.

La sepsi si sostanzia in una risposta sregolata del sistema immunitario ad un’infezione che coinvolge tutto l’organismo. Si tratta di una sindrome di difficile gestione, associata ad una elevata mortalità.
In Italia ci sono circa 240.000 nuovi casi di sepsi all’anno. In Sicilia, su oltre 5 milioni di abitanti, il numero di casi di sepsi è superiore a 20.000, per un numero di morti stimato di circa 5000/anno.

Il prof. Massimo Antonelli (a sinistra nella foto), past president della SIAARTI e della Società Europea di Terapia Intensiva “ESICM”, direttore del Dipartimento dell’Emergenza, dell’Anestesia e della Rianimazione del Policlinico Agostino Gemelli di Roma IRCCS, ha evidenziato: «Questo masterclass è dedicato, soprattutto, ai giovani colleghi e offre l’opportunità di confrontarsi anche sugli approfondimenti della ricerca che, negli ultimi anni, ha rilevato come la Sepsi sia un problema mondiale. Le due società scientifiche, quella americana e quella europea, che hanno coniato le linee guida, ripetutesi per varie edizioni, ora hanno una stretta collaborazione con l’Organizzazione Mondiale Sanità per poter diffondere la coscienza del problema e la sua prevenzione, anche a livello capillare nella popolazione. Grazie agli scienziati del campo si produrrà probabilmente un miglioramento della prognosi. La sepsi riguarda tutti gli ospedali e coinvolge molteplici aspetti tra cui la corretta politica dell’uso degli antibiotici e sul punto, a livello organizzativo, anche le istituzioni devono creare i presupposti».
Federico Pea, professore di Farmacologia clinica al dipartimento di Medicina dell’Università di Udine, uno dei due maggiori esperti che l’Italia vanta nel settore, rileva: «Dal punto di vista farmacologico in tema di sepsi stiamo relativamente bene. Si stanno acquisendo molte conoscenze per un buon utilizzo degli antibiotici, argomento cardine, visto che il paziente settico ha una fisiopatologia particolare, per la quale è necessario adattare delle posologie e delle modalità di somministrazione degli antibiotici che siano tali da migliorare l’outcome (esiti clinici) e prevenire lo sviluppo di resistenze. Oggi la terapia personalizzata, basata sull’ottimizzazione e sul monitoraggio terapeutico, diventa un valore aggiunto nei grossi centri».

Stefania Stefani, ordinario di Microbiologia dell’Università di Catania e presidente SIM (Società Italiana di Microbiologia) ricorda l’importanza del progetto Sepsi – PDTA (Percorso Terapeutico Assistenziale) avviato dalla Regione Sicilia e come «La disciplina della microbiologia sia fondamentale e importante per la diagnostica e per garantire l’approccio giusto, al momento giusto, nel modo più rapido, nella scelta della terapia antibiotica. Questo ha cambiato tanto, perché oggi siamo precisi e rapidi rispetto al passato».

Il presidente nazionale della SIMEU (Società Italiana di Medicina di Emergenza- Urgenza), Francesco Rocco Pugliese, sottolinea: «Il tema coinvolge tutti i Pronto Soccorso degli ospedali, a vari livelli. E tutte le società scientifiche qui presenti sono impegnate a raggiungere un obiettivo comune: il percorso che deve fare il paziente con sepsi all’interno delle strutture sanitarie, partendo da casa dello stesso fino ad arrivare alle Terapie Intensive, per fare in modo che chi interviene prima possa migliorare il risultato finale. Quindi serve individuare le cose da fare o da non fare precocemente, perché la diagnosi non è facile e l’approccio richiede un team multiprofessionale».

L’importanza del ruolo della multidisciplinarietà su questo versante, è sottolineata, altresì, da due autorevoli voci del panorama infettivologico mondiale: i professori Pierluigi Viale, ordinario di Malattie Infettive dell’Università di Bologna e Matteo Bassetti, neo presidente della SITA (Società Italiana Terapia Antinfettiva), anche ordinario di Malattie Infettive dell’Università di Genova.

Per Bassetti: «La sepsi è oggi un problema importante per via della diffusione di germi multiresistenti, che trova nelle terapie intensive una delle situazioni più impegnative. Gestire questo tipo di infezioni nelle terapie intensive deve prevedere una multidisciplinarietà tra il medico rianimatore, che gestisce in prima persona questi pazienti, l’infettivologo ed il microbiologo. L’applicazione dell’ “Antimicrobial Stewardship” (ndr. si riferisce ad una serie di interventi coordinati, che hanno lo scopo di promuovere l’uso appropriato degli antimicrobici e che indirizzano nella scelta ottimale del farmaco, della dose, della durata della terapia e della via di somministrazione) oggi vede non solo il ruolo di queste figure, ma anche di nuovi strumenti tra cui quello della diagnostica rapida che ci permette di fare una terapia più appropriata di quella che si faceva nel passato».

Infine, Viale afferma: «Sulla sepsi non si è ancora pervenuti al modello ideale. Non c’è una disciplina singola che governa questo enorme problema, ma ci vuole un team con figure professionali che lavorino spalla a spalla. Questo è il mantra dei prossimi anni, perché solo dal confronto multidisciplinare nasce il cd. approccio a pacchetto, che si è dimostrato vincente. Inoltre c’è un vuoto culturale che rende i dati della letteratura scientifica ancora contrastanti e nebulosi, dunque bisogna perfezionare il confronto in tale direzione. La chiave di volta potrebbe essere rappresentata dalla valorizzazione dell’intelligenza artificiale e dell’approccio ingegnerizzato. A Bologna ci stiamo lavorando».

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